È indubbio che il toponimo di “sentinella del Molise” (lù spione), conservato nella memoria storica dei molisani meno giovani, attribuito a Ferrazzano, abbia meglio sintetizzato nei tempo la sua funzione di punto difensivo di rilevante importanza strategica, più di quanto non abbia saputo trasmettere il suo stesso nome di chiarissima origine romana, derivante da un “praedium Farrax o Farracius” (C.I.L. ovvero Corpus Iscriptionum Latinarum; vedesi anche un pagus Farraticanus nei pressi di Piacenza). Ulteriore conferma la ritroviamo nel toponimo “loco Firaciani” (diploma dell’Ugheih del 953 dC.) e successivamente nel 1373 in “castri Faraczani”.
Per la sua denominazione in epoca sannitica, al momento mancano elementi epigrafici e topografici per affermare la tesi di Francesco De Sanctis, erudito locale del Seicento, che nelle sue preziose “Notizie Istoriche della terra di Ferrazzano”, del 1699, vorrebbe dimostrare essere la Ferentinum espugnata dai Romani del 296 a.C., insieme a Murgantia e Romulea, anch’esse non localizzate. Il luogo, interamente fortificato per natura, in antico, come rilevasi dalla roccia affiorante in tutti i cantinati dell’abitato, fu oggetto di particolari attenzioni da parte delle popolazioni osco-sannite che, a partire dal VI sec. a.C., vennero ad insediarsi, sem pre più stabilmente, nel nostro territorio.
Tra l’altro da questo, per così dire, fungo roccioso, isolato nel paesaggio, era possibile controllare la valle del Tappino che, tramite importanti “bracci tratturali” provenienti dal Matese, per metteva un più rapido accesso al Tavoliere. La presenza di corsi d’acqua e la buona qualità dei terreni per lo sfruttamento agricolo favorirono anche gli insediamenti rurali, come indica una considerevole necropoli arcaica, parzialmente distrutta, in “contrada Campone”, a breve distanza dal torrente Scarafone e dalla viabilità minore, che immetteva al tratturo principale “Castel di Sangro – Lucera”.
Questa testimonianza è da ritenersi più o meno coeva ai resti delle imponenti fortificazioni in opera poligonale in contrada Cese; esse si sviluppavano, attraverso la formazione di una dop pia cinta muraria, in un unico sistema difensivo, che collegava il territorio a valle, in direzione del torrente Tappino, per circa 3 KIm, con il circuito dell’acropoli, coincidente con il perimetro del borgo medioevale. Di questi straordinari manufatti ne abbiamo memoria storica attraverso le pregevoli cartografie del Pacichelli (Il Regno di Napoli in prospettiva – Napoli 1703) e dal citato De Santis come “mura antiche”.Il breve “excursus” storico può continuare ricordando che, dopo la caduta dell’impero romano, anche le nostre contrade subirono i danni delle invasioni barbariche, a cui fecero seguito ripopolamenti da parte di Longobardi e Bulgari.
Ferrazzano dovette dimostrarsi ancora luogo di prezioso rifugio se, nel 1005, si pensò di edificare la pregevole chiesa dedicata all’Assunta, regina tra le tante altre sparse nei nove casali. Proprio in questa cospicua presen za religiosa (25 chiese) è da inserire “Nicola da Ferrazzano”, abate di S. Maria del Gualdo in Mazzocca, nel 1324, a cui si attribuisce il merito della ripresa economica di quelle terre e della nascita della medesima. Nello stesso secolo si ricorda anche la presenza di Fra Simon de La Tour, gran maestro dei templari in Sicilia e proprietario del casale di San Bartolomeo.
Anche del castello, restaurato nel XV secolo da Geronimo Carafa, si ha testimonianza fin dal 1131, ma la frequentazione dell’abitato attraverso i secoli è sempre da ricercare nell’ottimo stato di conservazione delle mura antiche. Le possenti fortificazioni determinarono la scelta a favore di Ferrazzano per l’insediamento di un Presidio Regio dal 1489 al 1622 ed il suo motto antico “munita resistit” trovò giusta conferma. Non meraviglia perciò se, con la cessazione del Presidio, sul circuito delle mura, in completo abbandono, si costruirono gli edifici che completarono l’aspetto attuale del borgo. Proprio a partire da questo secolo (1600), in coincidenza dell’impoverito ruolo militare, riscontriamo la maggior crescita di Campobasso rispetto al ter ritorio, come non fu mai in antico. Si allontana vano i secoli delle dinastie nobili dei D’Aquino, Santangelo, Caldora, Di Sangro e De Molisio, pur conservando la tradizione delle professioni forensi, soprattutto grazie ai Prunauro, che legarono il loro nome ad uno dei primi atti notarili stipulati nella regione.